Michele Purrello: l’uomo, l’eroe

Michele Purrello

Michele Purrello nacque il 7 luglio 1892 a San Giovanni Gemini (AG) da Giovanni e Grazia Giarratano.
Amante della natura, della terra, degli animali, egli si dedicò all’allevamento del bestiame e allo sviluppo delle colture. Studiò Agraria a Catania, diplomandosi nel 1915. Appena conseguito il diploma, venne chiamato alle armi e nominato Sottotenente. Fu destinato al 10° reggimento bersaglieri e partecipò alla prima guerra mondiale, dall’ottobre del 1915. Due mesi dopo la sua chiamata alle armi, venne promosso Tenente e, un anno dopo essersi congedato, otteneva la promozione a Capitano.
Al ritorno dalla guerra insegnò Agraria a Catania, dedicandosi con passione alla sua materia preferita, con metodi che comprendevano l’applicazione pratica di quanto studiato e una buona dose di innovazioni. Insegnando a Catania conobbe e si innamorò di Agatina Maria Di Bella, che sposò a San Gregorio, il 19 agosto 1922.
Visse a San Gregorio fino al 1935 e nell’ottobre dello stesso anno si arruolò volontario, per la guerra d’Etiopia. La sua poliedricità lo condusse in Africa dove partecipò a varie operazioni di guerra. Michele Purrello fu un uomo dal carattere fermo e deciso che impersonava la più eletta e nobile figura del gentiluomo e del soldato. Uomo coraggioso, intelligente, di rapida intuizione, di chiara visione tattica, di decisione pronta, Michele Purrello, valoroso combattente della grande guerra, morì in battaglia a Bardia (Libia orientale) il 3 gennaio 1941. Alla sua memoria è stata conferita la medaglia d’oro.
Il 27 agosto 1965, con una comunicazione inviata alla signora Agatina Di Bella, il Preside della Scuola Media Statale di San Gregorio di Catania, prof. Francesco Truglio, comunicava che il Superiore Ministero aveva autorizzato l’intitolazione della scuola al nome di “Michele Purrello”.

Motivazione della medaglia d’oro al valor militare:

«Comandante di battaglione più volte decorato al valore, in sette mesi di guerra combattuta nelle più difficili condizioni, sapeva infondere nell’animo dei suoi fanti la sua ardente passione per il rischio, la sua grande devozione per la Patria, il suo grande spirito di sacrificio e di abnegazione. Durante 23 giorni di difesa di una piazzaforte seppe tener testa, sul tratto di fronte del suo battaglione, alla strapotenza degli opposti mezzi in condizioni di blocco assoluto. Avuto ordine di ristabilire la situazione su un importante tratto di fronte che stava per cedere, condusse con somma perizia ed audacia i suoi reparti al contrattacco. Ferito gravemente alla gola, non volle lasciare il suo posto di comando fino a che esausto e dissanguato dovette allontanarsi. Mentre accompagnato cercava di raggiungere il posto di medicazione reggimentale, fu sorpreso da carri armati che gli intimavano la resa. Debole e grondante ancora sangue, con un ultimo grandioso, sublime sforzo lanciò l’ultima bomba ed immolò la sua vita per la grandezza della Patria. Africa Settentrionale, 3 gennaio 1941».